Guerra o Clima? Come la corsa agli armamenti rischia di far fallire gli obiettivi dell’Accordo di Parigi

Le emissioni serra militari e delle guerre rischiano di far esaurire il carbon budget prima del previsto. Secondo una ricerca scientifica con la corsa al riarmo sarebbero ormai fuori gioco gli 1.5°C e presto potrebbero fallire anche i 2°C. Verso il fallimento definitivo dell’Accordo di Parigi sul clima?

Operazioni militari con carri armati ed elicotteri: un tank consuma 1 litro ogni 450 metri, l'aumento delle spese militari rischia di far fallire definitivamente l'accordo di Parigi sul clima.

L’accordo di Parigi sul clima ha posto un obiettivo chiaro: limitare l’aumento delle temperature globali ben al di sotto di 2°C rispetto al periodo preindustriale, facendo sforzi per contenere l’aumento entro 1.5°C. La COP 26 di Glasgow ha stabilito di puntare entro questo obiettivo più prudenziale, perché eviterebbe eventi estremi e impatti più catastrofici.

Sappiamo che gli impegni non sono ancora sufficienti e alla prossima COP 30 che si terrà a novembre 2025 in Brasile si auspica la presentazione di nuovi impegni nazionali detti NDC più ambiziosi.

Ma c’è un grande assente in tutti gli NDC, un settore altamente impattante e anche ancor più catastrofico e mortale degli eventi meteo estremi: le spese militari.

Uno studio scientifico analizza meglio il loro impatto e mette in guardia di come potrebbero far fallire definitivamente gli obiettivi di 1.5 e 2°C.

La ricerca pubblicata su Nature Communication

A far chiarezza scientifica sull’impatto dell’aumento delle spese militare nell’applicazione dell’Accordo di Parigi è un articolo dal titolo “L’aumento delle spese militari mette a rischio gli obiettivi climatici” (Nature Communications, 2025), primo autore Qi Ran Wenjie Dong, della Scuola di scienze dell’atmosfera alla Sun Yat-Sen University di Zhuhai, Cina.

Lo studio ha dimostrato che la guerra al terrorismo del periodo 2001-2010 e la guerra tra Russia e Ucraina iniziata nel 2022 con l’invasione russa, e tutt’ora in corso, hanno causato un incremento di CO₂ di 0,04 kg/USD dell’intensità carbonica per ogni incremento dell’1% della spesa militare globale in rapporto al PIL.

Questo aumento rappresenta il 27% del cambiamento totale dell’intensità di emissione di CO₂ tra il 1995 e il 2023.

Il pesante impatto climatico e ambientale delle guerre

Il primo impatto in termini di emissioni serra di una guerra sono ovviamente le operazioni militari, ma non è il solo e spesso neanche il principale. Le emissioni dirette provengono da aerei, un’ora di volo di un caccia consuma fino a 15000 litri di carburante e comporta oltre 40 tCO2, più di una famiglia di 4 persone con alto tenore di vita in un anno.

Poi i carri armati, con un litro non si muovono nemmeno di un km, le navi, la logistica, missili, bombe oltre a carico di morte e distruzione provocano emissioni notevoli e difficilmente quantificabili.

un’ora di volo di un caccia consuma fino a 15000 litri di carburante e comporta oltre 40 tCO2, più di una famiglia di 4 persone con alto tenore di vita in un anno

Il peso maggiore però, anche il 75% del MILEX, il rapporto spese militari sul PIL, deriva dalle emissioni indirette provenienti dall’industria degli armamenti, logistica, infrastrutture, basi militari.

A queste si aggiungono poi le emissioni della ricostruzione, non conteggiate dal MILEX e superiori anche notevolmente alle emissioni della guerra stessa. Esemplare il caso della II guerra mondiale, nelle emissioni storiche si osserva un aumento rapido dal 1946 al 1950.

Proiezioni future delle emissioni in relazione al MILEX

I ricercatori autori di questo studio hanno aggiornato gli scenari emissioni del 6° rapporto IPCC aggiungendoci l’incremento delle spese e quindi emissioni militari in corso. Nell’ipotesi dello scenario intermedio SSP2, (SSP sta per Shared Socioeconomic Pathways) e ipotizzando un aumento dello 0.5% soltanto del rapporto spese militari sul PIL, si avrebbe un aumento di 0.25°C delle temperature globali al 2100.

La conseguenza sarebbe un incremento di 100 miliardi di tonnellate di CO2 dal 2020 al 2100 sulle emissioni storiche cumulate. Questo comporterebbe il fallimento totale delle possibilità di stare negli 1.5°C e il superamento dei 2°C entro il 2056.

Nell’articolo si afferma che l’escalation delle tensioni geopolitiche, se accompagnata da maggiore spesa militare, può neutralizzare fino al 40% degli sforzi di mitigazione climatica ottenuti da fonti rinnovabili e efficienza energetica.

Se la spesa militare globale dovesse superare il 12% del PIL, l’obiettivo dei 1,5 °C diventerebbe irraggiungibile, anche negli scenari più ottimistici di riduzione delle emissioni civili. Con aumenti oltre il 24%, verrebbe compromesso anche l’obiettivo dei 2 °C, esponendo il pianeta a rischi climatici estremi.

Raccomandazioni ai politici

I ricercatori concludono l’articolo con alcune proposte e appelli, ad iniziare dall’includere le emissioni militari negli inventari dei gas serra presentati all’UNFCCC. Andrebbero inoltre incluse in modo chiaro e trasparente negli impegni nazionali (NDC) di riduzione delle emissioni. Serve poi una verifica indipendente delle emissioni delle forze armate e dell’industria bellica.

Gli autori fanno infine appello alla promozione della transizione verde del settore militare mediante tecnologie a bassa emissione e criteri ambientali per la difesa nonché ad accordi multilaterali per la decarbonizzazione militare.

Guerra e spese militari però sono un disastro ambientale non solo sul clima e soprattutto una tragedia umanitaria. La vera via non è la transizione ecologica dei militari, ma la pace duratura e giusta globale nonché, come hanno fatto alcuni paesi come la Costa Rica, arrivare all’abolizione degli eserciti investendo i risparmi in ambiente, istruzione e salute pubblica.

Riferimenti allo studio

Dong, W., Ran, Q., Liu, F. et al. Rising military spending jeopardizes climate targets. Nat Commun 16, 4766 (2025). https://doi.org/10.1038/s41467-025-59877-x